il Nomadismo Digitale è una buona forma di Antifragilità

il Nomadismo Digitale è una buona forma di Antifragilità

Impossibile non rimanere folgorato da Antifragile di Taleb (ne parlerò prossimamente sotto diverse forme): pietra miliare che rileggo spesso con piacere, trovandoci le risposte alle domande che man mano mi pongo durante il mio percorso di crescita.

Viviamo in un mondo senza più certezze, ma non abbiamo mai avuto così tante opportunità: l’antifragilità è la capacità di attutire i colpi e migliorare grazie ai cambiamenti messi in atto; uscire rafforzato dagli imprevisti, alimentarsi dalla variabilità dell’ambiente in cui esiste, cioè essere in grado di riconfigurarsi in base a ciò che non si era previsto.

Grazie ad una recente riflessione, ho connesso i puntini che collegano il Nomadismo Digitale e l’Antifragilità: entrambi traggono vantaggio dagli scossoni, prosperano e crescono quando sono esposti alla volatilità, al caso, al disordine e ai fattori di stress, amando l’avventura, il rischio e l’incertezza. Entrambi posseggono la singolare caratteristica di consentirci di affrontare l’ignoto.

Qui sotto il mashup che mi ha ispirato.

Ad Maiora Semper
Adriano


Per giustificare i sacrifici richiesti ripetono sempre che il mondo si è globalizzato, ma che per difenderci ci dobbiamo globalizzare anche noi è cosa meno discussa. E cos’è la globalizzazione se non la libertà di movimento e il vedere le cose da una prospettiva mondiale? Credo che in futuro chi rimarrà fisso in Italia sarà l’equivalente moderno del contadino che non ha mai abitato in città e ci va una volta all’anno a comprare le scarpe, col cappello in mano e la timidezza nello sguardo.

Oggi sotto certi aspetti la vita non-residente è più sicura perchè ti tiene sempre aggiornato sulle tendenze importanti e ti permette di reagire in tempo. Ti costringe a tenere gli occhi aperti in un’era nella quale è meglio tenerli aperti. Al momento i nomadi digitali sono ancora da molti ancora considerati gli hippie del ventunesimo secolo, gente un po’ sbandata che non riesce ad adattarsi e fugge temporaneamente in comunità pace e amore che poi finiscono sempre a sberle ed eroina. La verità è che siamo il risultato piú logico dell’adattamento alla nuova realtà. Forse una nuova classe sociale. Staremo a vedere, intanto io vado avanti e cerco di raccontarvi un po’ la strada.

Il viaggio non può e deve essere necessariamente un distacco dalle nostre vite, ma penso possa trovare una utilissima espressione come un momento/periodo di ispirazione e conoscenza. Alla fine direi che quello che mi piace di più di tutto questo sia proprio il non avere soluzione di continuità: nessun vero stacco ma allo stesso tempo nessun peso, solo a fine giornata la consapevolezza di aver portato a casa qualcosa per sé.

Il focus è la vocazione . La vocazione è un insieme di passioni, talenti ed esperienze che rendono unico ognuno di noi:
– presa di coscienza, per cui è necessario l’ascolto di se stessi;
– apprendistato, che può avvenire in maniera consapevole o meno, ma che non prescinde mai dalla presenza di uno o più mentor;
– pratica, con tutte le sofferenze del caso, perché una vera vocazione è riconoscibile solo dal fatto che richiede sacrifici e presenta momenti di difficoltà;
– scoperta, che dà forma all’illuminazione iniziale;
– fallimento, necessario spesso più volte prima di raggiungere il successo;
– creazione di un portfolio, perché una vocazione non è mai una sola cosa, ma un insieme di aspetti che la compongono;
– eredità, quello che prepari da lasciare agli altri quando non ci sarai più.


P.S.: grazie Gabriele, Luca, Silvio.

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