la Vita inizia alla fine della tua Comfort Zone

la Vita inizia alla fine della tua Comfort Zone

Oggi ripensavo alla frase di un collega Mentor che qualche giorno fa mi ha detto “io stesso vado sempre in giro con il libro di Steve Blank nello zainetto, perchè uno Startupper non dovrebbe sapere fare Customer Development?”. IMHO la risposta è ampia, parte dalle radici, passa per il tronco, attraversa i rami e arriva fino alle foglie. Ancora una volta come già successo in passato per altre questioni, la Cultura non sta nelle mani di chi dovrebbe possederla (aka come fa uno Startupper a lanciare la sua Startup se non sa cos’è il Customer Development?) da qui nasce il bisogno di un Kindergarden che possa formare dei potenziali Disrupter. Quando sento il bisogno di confrontarmi sono io il primo che condivido le mie opinioni, i miei dubbi, le mie paure a mia volta con il mio Coach, una persona che mi sa leggere nell’anima e che mi sprona a crescere. Insegnare è il miglior modo per imparare, il motivo introspettivo per cui faccio questo lavoro è perchè sto dando ad altri quello che non ho mai avuto io quando ero nella loro stessa situazione, allo stesso modo il motivo di business per cui lo faccio è per creare valore con un business che funzioni e che mi dia soddisfazione.

Siamo ancora in una fase embrionale dell’ecosistema imprese innovative italiane, un settore ancora fortemente instabile, da una parte ci sono tutte le persone che perdono il lavoro e che si trovano dalla mattina dopo a doversi ri-inventare. Questo passaggio è pericolosissimo per l’italiano medio che ancora non si è reso conto di non avere le competenze distintive per emergere, ma soprattutto di essere immerso in una società che non è pronta al cambiamento (aka il posto di lavoro fisso sotto casa non esiste piú, il contratto a tempo indeterminato non serve più a niente, la Generazione X non avrá una pensione e molti altri assiomi di questi ultimi anni). Dobbiamo guardarci negli occhi e dirci definitivamente che se l’idea di business si basa solo sul clone di un Social Network blasonato o su un’applicazione mobile che contiene una commodity, con quest’idea non ci sono le condizioni per fondare una startup, tantomeno in Italia. Ma voglio scavare ancora più a fondo, secondo te Imprenditori ci si nasce o ci si diventa? IMHO, bisogna avere un DNA predisposto e Imprenditori con la I maiuscola ci può diventare solo dopo aver veramente girato il mondo e visto veramente cosa genera valore per le persone.

Dall’altro lato ci sono gli Acceleratori/Incubatori, che qui in Italia hanno generato delle dinamiche tutte loro, per cui i finanziamenti che gli incubatori acquisiscono dalla Comunità Europea/Stato italiano sono molto maggiori da quelli che l’intermediario incubatore elargisce in soldi sonanti verso le Startup (la differenza viene erogata in servizi). Volente o nolente questo è quello che ci serve in questo momento storico, ci sono diverse realtà aziendali che stanno facendo tanto per spingere gli italiani a trovare idee di successo da finanziate realmente, d’altro canto l’Italia è così indietro che solo il Kindergarden è uno step altissimo. A scanso di equivoci vorrei chiarire se un CEO non è ingrado di fare il CEO dopo un periodo di incubazione non diventa il Mark Zuckerberg de noantri, bisogna dare una speranza ai ragazzi della Generazione Y ma non illuderli, solo 1 su 10 ce la potrebbe fare. Da qui riprendo il mio ottimismo, una Startup può nascere in Italia ma per crescere deve necessariamente andare all’estero. Inoltre il “sapere” non basta occorre il “saper fare”  e nonostante ciò le competenze generaliste non pagano. Se avessi un figlio pronto per iniziare l’università sarei disposto a fare 3 lavori pur di riuscire a dargli una mano per iniziare a studiare e lavorare all’estero, l’eccellenza nel lavoro che facciamo con passione è l’unica via d’uscita. Si, ma che cos’è l’eccellenza? Non è per forza inno­va­zione, non è per forza espe­rienza, non è per forza sto­ria, non è per forza domi­nio di un metodo o di una tec­no­lo­gia. È la com­pren­sione che pun­tando sul mix di que­sti fat­tori si può cre­scere: nelle star­tup eccel­lenza è inno­va­zione spinta, pre­si­dio di buchi di mer­cato tutti da esplo­rare.

Un’altra frase di un altro collega Facilitatore del mio territorio con cui chiacchieravo poco tempo fa che mi ha colpito è stata questa “ammesso e non concesso che ci sia una Startup con una Exit Stategy sostenibile e che ha ricevuto un round sostanzioso in Milion, quest’impresa innovativa in Early Stage formata da 5, 6, 10 persone da a mangiare ai founder e al massimo alle loro famiglie; pensa e confrontala con le dimensioni di un’industria calzaturiera marchigiana media degli anni 80/90 che aveva almeno 150 dipendenti“. Chiaramente io ho risposto che l’ìndustria calzaturiera non è più sostenibile da un decennio abbondante con l’aggravante che il distretto calzaturiero marchigiano ha favorito la miopia imprenditoriale del terzismo. In realtà mi sono reso conto che su questi ragionamenti delle dimensioni si basa il ritmo della ripresa, in balia di una polverizzazione che scandisce la lentezza della costituzione di nuove imprese.

In Italia lamentarsi è diventato un modus vivendi, tanto che uno dei discorsi da bar più ripetuti è “ah ma tu ancora lavori, ritieniti fortunato”, io sostengo con enfasi che non ci possiamo rassegnare, non ci possiamo fermare qui, anche se con la valigia di cartone dobbiamo continuare il nostro percorso professionale in un’altra parte del mondo. Ci abbiamo provato ma dobbiamo prendere atto che se l’Italia non ci permette di crescere dobbiamo fare di necessità virtu, lungi da me attizzare guerre di religione, io sono Pragmatico guardo le cose oggettivamente. Ci vorrei ritornare in Italia quando avrò 60 anni nella fase discendente della mia vita con un po’ di capitali guadagnati negli anni; invece in questa fase ascendente in cui sono adesso devo lottare fino alla morte per creare valore con un business che funzioni e questo può succedere in un qualsiasi posto del globo. E’ difficile. Sopratutto perché, spesso negli anni, siamo riusciti a costruire delle piccole gabbie dorate che ci fanno stare bene, che ci coccolano e purtroppo ci tengono ancorati ad una vita comoda, che se pur piacevole, addormenta ogni nostro talento, ogni ambizione, ogni capacità di “fare”. La vita lentamente diventa “mantenere lo status quo”. Più siamo stati bravi e fortunati, e più è difficile sciogliere i legacci che ci impediscono di fare, di inseguire un sogno, di abbracciare quella sofferenza, che se assecondata ci porterà verso cose più grandi.

Certo fuori dall’Italia non è tutto rose e fiori, anzi saremo i primi a pagare lo scotto dell’arretratezza con cui siamo cresciuti ma siamo ancora in tempo, questa potrebbe essere la strada che ci farà crescere, questo è il modo di praticare il cambiamento che vogliamo essere. Lanciare una nuova startup ti porta lontano dagli affetti. Non c’è nulla di romantico in tutto ciò, ma credo che questa sia l’unica strada possibile per innovare … almeno nella propria vita.

Ho messo tanta carne al fuoco in questo post, tu che ne pensi ?
Adriano

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